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 IL PROGETTO METEREOLOGICO DI OLAFUR ELIASSON


                                                                                                                                   claudio crescentini

 

The subject of the weather has long shaped the content of everyday convesation… ma anche, mediante le installazioni di Olafur Eliasson il tempo diventa arte, percezione visiva e sensoriale, esperienza fisica e psichica, rappresentazione e concetto. Ricordate i tormentati paesaggi in tempesta di Turner? Bui, cupi, marine e campagne solcate da allucinati-allucinanti lampi di luce violenta. Da secolo a secolo. Pensate a The sea B di Emil Nolde (1930), ancora cielo corrusco venato di giallo acido, spuma di onde, rancore di vita; senza dimenticare – ancora un salto, all'indietro questa volta, di secoli – Van Gogh e l'accorata ricerca di colori, per così dire, temporali – dal tempo ovviamente – dove le rimembranze della pittura tardo-seicentesca appresa nella scuola di Amsterdam. Si sente e… si vede nel tempo, nel senso di quello cronologico di Vincent: Autumn landscape with four trees (1885), Fishing boats at sea (1888), fino all'Apilles with olive trees in the foreground (1889) e The starry night (1889), solo per citarne alcuni fra le minime “citazioni autoriali” già inserite. Ma il discorso sarebbe lungo e complesso, seppur interessante, nel voler percorrere una linea evolutiva della rappresentazione del tempo – meteorologico – nell'arte del XIX e/o del XX secolo – senza parlare dei precedenti – a qualsiasi livello si voglia affrontare. Il tema é comunque quotidiano, quasi paranoico per la sua quotidianità oserei dire – non c'è più la mezza stagione – e forse si assottiglierà sempre di più nel nostro emisfero e con il nostro ecosistema sballato. Un tema fondamentale in questo senso, sia per la nostra cultura così come per l'arte da essa scaturita nei secoli, come abbiamo accennato, da Rousseau fino ad Olafur Eliasson, l'alfa e l'omega. Artista di Copenhagen / classe '67, non ultimo costruttore di spazi, il quale sembra affrontare il tema dato partendo proprio dal prendere atto della paranoica quotidianità, come l'abbiamo definita, del pensiero del tempo nella gente comune e, per riflesso, negli artisti della gente comune. 47% believe that the idea of weather in our societu is based on culture – il sottoscritto è fra questi – 53% believe that it is based on nature – così come pensa Eliasson, il quale da buon demiurgo ha deciso di imporsi all'attenzione dell'arte internazionale, da Los Angeles (1997 / Marc Foxx Gallery) a New York (2000 / Tanya Bonakdar Gallery), Bregenz (2001 / Kunstaus), Parigi (2002 / Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris) e Londra (2003 / Moderne Tate). In attesa di aspettarlo in Italia in un più ampio e solitario confronto con il clima locale, vediamo il tempo come va per Eliasson, anzi come pensa di farlo andare il tempo visto che, da buon deus i suoi progetti del tempo ricalcano, quasi come nel naturalismo della seconda metà dell'Ottocento, le vicende, per così dire, della natura del tempo stesso.

Your Sun Machine (1997) - installation view - Marc Foxx Gallery, Los Angeles.
Your Sun Machine (1997)
installation view
Marc Foxx Gallery, Los Angeles.

Penso ad esempio all'installazione Your Sun Machine di Los Angeles che, come spiegava il meccanismo – del resto di machine stiamo parlando – lo stesso artista nel testo d'invito, each morning, sunlight streamed into the space through this aperture, at first creating an elliptical, and then a circular outline on the walls and floor. The beam of light shifted across the room as the day progressed. Il sole vero, naturale per intenderci, viene così sostituito da uno artificiale nato dal concetto dell'arte per divenire esso stesso arte, mezzo dell'arte, di modo che il progetto pensato e visualizzato del nuovo sole diviene movimento innaturale della stessa natura, o almeno copia di questa stessa, e perciò artificio dell'uomo creatore. Nel complicato dispiegamento di mezzi e forze organizzative l'artista di volta in volta ritorna sui suoi progetti, modificandoli e/o trattandoli diversamente a seconda dell'apposito contenitore espositivo ospitante. Ma anche in relazione a quel contenitore più grande, la città, dove è situata la galleria e dove perciò andrà a collocarsi il progetto meteorologico di Eliasson. A Londra ad esempio, presso la Turbine Hall della Modern Tate, l'artista accentua smisuratamente il senso di freddo, nebbia e pioggia della capitale inglese, traslocando all'interno un'angosciante giornata invernale londinese – Every cities mediates its own weather.

Weather project (2003)
installation view
Modern Tate, London

Un glaciale sole luminoso invade l'intero spazio della scena, fra l'abbassarsi della temperatura e l'alzarsi della nebbia. Il senso di spaesamento è forte e continuo, soprattutto nel girare fra i visitatori stesi in terra a riflettersi nello specchio lontano del soffitto, illuminati dall'arancione malato del sole che, nella memoria dell'esterno, ritornano nei visi e nei corpi falciati dal vento freddo che invadono la città. E' proprio su questo che gioca l'artista, sul doppio binario dell'essere artista e fare arte – in uno spazio per l'arte – mediante elementi e meccanismi creativi doverosamente dedotti dalla natura, in modo da protrarre, nella memoria, la propria natura ricreata nel ritorno verso l'esterno urbano naturale. Il mondo esterno reinventato mediante l'arte che poi viene protratto – Mnemosyne – e ricondotto all'esterno mediante i sensi dell'uomo-fruitore che in questo modo diviene parte attiva, ma non solo visiva, del concetto stesso del fare arte. L'esperienza continua in un mondo parallelo, ma non dissimile dal nostro, dove realtà e finzione finiscono per coincidere, dove artificio e natura terminano il loro divelto percorso. In una società artistica post-industriale e di post-massa Eliasson riesce perfettamente a reintegrare i fattori discordanti della mente e dell'occhio, della percezione visiva e di quella, successiva, mnemonica, in un contesto esemplificativo di grande suggestione ed impatto fisico ed emotivo, oltre che psichico e culturale.

 

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