BREAK POINT POETRY / CITTÀ POETICA 2017
dalla Casa Circondariale Regina Coeli
ALESSANDRO H. e SAMIR A.
Ciao Amore mio
Amore mio
in un giorno freddo e un po’ tempestoso
la cosiddetta legge mi ha arrestato
e il giudice mi ha condannato
e tra queste sbarre mi ha mandato.
Il mio cuore si è spezzato
ma ti prometto che quando tutto finirà
accanto a te il mio cuore si aggiusterà.
Lo so
non sei ne oro ne argento
ma il mio cuore ti ama al 100%.
Vorrei essere una piccola piccola farfalla
per volare sulla tua dolce spalla.
Ogni tanto dalla mia finestra guardo la luna
vedo le stelle
e mi immagino perfino le onde del mare
ma mai cosa più bella di te.
Il mio cuore batte forte forte per te
ma come è strana adesso la mia vita
senza di te e di me.
Stare insieme e poi lasciarsi
fa davvero male al cuore
ma proverò a fermare il mio cuore
e cercherò in questa notte di non pensarti
perché è facile innamorarsi
ma ora è difficile poterti dimenticare.
Tu mi hai rubato il cuore
me lo hai strappato dal petto.
Non so cosa darei per ritornare indietro
e guardare nei tuoi meravigliosi e bellissimi occhi
e baciarti
e baciarti
e dirti
ti amo
amore mio.
È una vera ingiustizia stare qua senza di te
perché è un’altra notte che non passo con te.
Ora sono una piccola tempesta.
Ho perso la mia testa.
ALESSANDRO C.
Maledetta cocaina
Bianca grassa pure bona
Se la incontri non perdona
Eri solo un ragazzino
E t’ha reso un burattino.
Nulla sembra più importante
Tu sei un nano lei un gigante
Che t’entra nella mente
Lotti ma non serve a gnente.
Passi l’anni tua migliori
A fa’ li danni a colori
Te fa perde tutto quanto
E te lascia col rimpianto.
Poi te senti un eremita
Dentro un libro senza vita
Mentre cresci e te ‘nvecchi
Tanti amici te fa’ secchi.
Vedi gente che la scarta
Mentre te voi sempre l’altra
Ma la sniffi e fai li buffi
Te la coci e te la fumi.
Alla fine te rovina
Pure l’anima te n’quina
Di te stesso perdi stima
E vai a rota più de prima.
ALESSANDRO G.
Dietro le mura
Vedo i gabbiani dietro le sbarre
In questa malinconica galera
E vorrei essere come loro
Per vedere la libertà, ma quella vera.
Vorrei volare su nel cielo
per vedere il mondo intero,
ma sono chiuso fra queste mura
e vedo solo che la libertà è
la più bella cosa
che una persona dovrebbe averne cura.
Vedo il malessere dei detenuti
e la tristezza degli animi perduti,
vedo gli occhi e i malori
di chi pensa al mondo fuori,
vedo soltanto che c’è tristezza.
E un detenuto la sente di più
chiuso in una cella così stretta.
AMEDEO V.
Anny
Un abbraccio sereno,
un respiro sussurro,
tu nel letto che aspetti.
Passione e senso della mia vita,
reale momento di ogni pensiero,
tu solo amore dei miei giorni.
ARDUINO R.
La confusione
Da quer giorno che m’hai detto: so’ confusa
poi ar colloquio nun sei più venuta.
Me mannavi lettere d’amore,
lettere che non hai mai scritto cor core.
Co’ ‘sta storia ho capito tante cose.
Ma ce n’è una che ce legherà pe’ sempre
e so’ i du’ belli figli de’ papà, colpevoli veri,
che se nun ce fossero loro c’avressi solo voglia de’ scappà.
C’è voluta ‘sta brutta detenzione
pe’ capi’ che era finita l’emozione.
Ce so’ stato male, c’ho sofferto, ho pianto
ma manca poco pe’ torna’ da ‘sti gioielli.
E ora che c’ho ‘na faccia brutta e triste
me guardo allo specchio e so’ confuso.
‘Na confusione che me strema er core,
‘na confusione che non è d’amore.
È solo sta’ esperienza infame e dura
che me regala st’aspetto un po’ provato
che chiudo dentro
perché emozione e core non m’hanno
mai dato confusione, ma solo amore.
E c’è ‘na cosa che me rincora.
È quanno la domenica
vado a messa co’ li compagni mia
e se girano a canta’ verso la vergine Maria,
ce so’ du’ frasi che sento nel mio cuore e so’ le testuali:
È l’ora più bella che suona nel cuore
che mite favella, di pace e d’amore.
Ma allora che giustificazione me poi da’ a ‘sta tua confusione?
ELVISIO VALERIO C.
Occhi di sole
Occhi di sole
Sguardo profondo
Capace di bucare il cuore
Arrivando all’anima
Profumo suadente
Essenza prepotente
Impavido coraggio dell’essere
Impetuosa, scalciante creatura
Dolce e selvaggia
Binomio assonante dirompente
Indivisibile l’uno dall’altra
In mille tenzoni mai pattate
Sempre dominanti.
Occhi di sole tempesta di neri capelli
Sapore di miele profumo di brezza….
Occhi di sole!
FABIO B.
Vorrei dare
Vorrei dare felicità
e donarla a chi non ne ha.
Vorrei dare a molta gente
in questo mondo sofferente.
Vorrei dare tanto amore
a chi soffre e ha dolore.
Vorrei dare tanta gioia
a chi si tormenta
o a chi s’annoia.
Vorrei dare un sorriso
a chi non ne ha sul suo viso.
Vorrei dare a tutto il mondo
tanto amore, il più profondo.
FRANCESCO Ca.
Per non finire
Lei mi raccontava della sua vita
Io ascoltavo e mi lasciavo condurre dalla sua voce
Gli occhi si illuminavano arricchendo lo spazio
Il suo corpo precipitava in un intenso clamore
Irresistibile la sua fragranza
e la sua eterna bellezza
imperneata in un cono d’ombra.
Così mi apparve.
E da allora fu solo amore.
FRANCESCO Co.
Tu una parte di me, la migliore
Era l’11 novembre di diciannove anni fa
quando come un uragano sei entrato nella mia vita
dandole finalmente un senso.
Era il buon vento che accarezzava la mia anima
il vento dell’amore, quello indelebile.
Indissolubile.
L’amore per sempre,
quello di un padre per il proprio figlio.
La mia lontananza fisica
che tu più di me hai patito tanto
non ha sciolto quel legame di sangue che ci unisce.
Le nostre contrapposizioni
dovute alle mie scelte sbagliate
sono state sopite dal continuo cercarsi
dal bisogno di vedersi.
Da una scelta sbagliata
può nascere qualcosa di buono.
Dall’unione con tua madre sei nato tu
una parte di me.
La migliore.
GIAMPIERO C.
La piovuta estate romana
Il viaggio ancor più in largo
Della luna… metrico l’eco
Rimbarza il mio sguardo
Come l’affanno vicino e lontano
Gioco della luce.
Ad ogni pensiero che avanza
Un binario di trambusto lungo
Aspetta il viaggio se non il saluto
Di pioggia nella luce.
Come il malato scultore
Di marmo sulla pelle.
Inclina alla finestra il ronzio avanzare.
ll suono bombarda…. sembra ormai sfuriato
Il prorompente rumore dell’anima.
Adagia a chi vuol stare zitto ad ascoltare
Il colore della notte cambiare
Il vesto umore
Di pellicole.
Riflettere… sembra il cielo
Passati gli istanti ricordi.
Accesi.
Il passato seppellisco
Sotto le mie finestre
Con grigie nere… ombre sbarrate
Ricamate dal cielo.
Allontana la mia fretta ancor più
Il richiamo alla vista
La pioggia
Cancella la mia base di partenza
Come il soffio del vento
Apro e Chiudo
La finestra
Il respiro pellegrino in marcia
Di coerenza
Come soffitta al cuore
Ai lampi
In balcone
Un fiore spalanca
Denso ancor più grosso
Di goccia dal rumore.
Ogni goccia è un suono
Proveniente… diverso.
Forse porterà
Fraseggiando a mia figlia
Il colore di una notte
Nel sonno una richiesta
Anche quando dormo
Quel che penso.
Di chiudere questa finestra.
Nella tempesta
Giocherò con il cuore
Come il fiore.
GIOVANNI M.
Un tuffo nel passato
Era un bell’uomo, mio padre,
classe 1906, un signore d’altri tempi,
con la postura eretta nel suo bel vestito sartoriale
e l’immancabile borsalino a coprire il capo sulle ventitré.
Mezzo secolo lo separava da quell’unico figlio
Venito al mondo con difficoltà,
nato per un miracolo, quasi morto,
eppur così voluto e così amato.
Un amore diviso da due generazioni
Dove le attenzioni non erano comprese,
dove i silenzi erano un dialogo frequente,
dove la rettitudine e l’antica educazione
erano le sbarre di una cella.
Per un ragazzo figlio del suo tempo,
discepolo di un cambio generazionale,
socialmente impegnato, con i capelli lunghi,
i pantaloni a zampa d’elefante e
l’ovvio giubbino di pelle sulle spalle.
Troppo presto hai intrapreso la strada dell’oblio
Lasciandomi nella solitudine, orfano della tua presenza,
ad affrontare una vita che mi ha segnato forte,
privandomi di tutte le parole che avrei dovuto dirti
e che mai dissi.
Oggi, ormai adulto, genitore, nonno e figlio ingrato,
comprendo finalmente il tuo pensiero,
l’ironia sottile dei tuoi modi,
la durezza, all’occorrenza, del tuo sguardo.
E ti ringrazio per tutto quanto hai fatto
Per le passeggiate amene,
le lunghe attese nel cortile della scuola,
per le barchette di carta varate al fontanone,
per i caffè delle cinque di mattina.
Per avermi insegnato il valore dello studio,
della famiglia unita, anche quando è difficile restarlo,
del lavoro, delle arti, della parola data,
della sobrietà dei modi e dell’educazione.
Troppi silenzi fra di noi, poche parole,
anche in quel giorno, doloroso e duro,
in cui hai strappato quei minuti all’oltre
per quell’ultima debole stretta,
sul confine sottile dell’immortalità.
Oggi, sono passati sette lustri,
vivo ancora nel ricordo di quel giorno,
nel rimorso della mancata intimità
con un uomo buono,
troppo distante dal mio tempo.
Quante cose avrò da dirti
e quanto vorrei che tu mi raccontassi
Il giorno in cui saremo nuovamente uniti.
Oggi ti penso spesso e vivo le mie pene con onore,
certo del tuo amorevole perdono
e della paterna tua benedizione.
LUCA D.
5 gennaio
Ricordo ancora quando sei nato.
Eri così piccolo, indifeso.
Ma eri più forte di un soldato.
Per sei volte mi hanno detto che
all’indomani non saresti arrivato.
Ma oggi, guardati che sei diventato.
Sei la gioia più grande che Dio mi ha dato.
Ma io, ad oggi, ancora non te l’ho mai dimostrato.
LUCA N.
Ricordo di Anatolia
I lisci capelli d’oro.
I vispi occhi di cielo.
Il sorriso generoso ed ampio
I lineamenti un po’ grezzi
da fanciulla di paese.
Il petto fiero e già fiorito.
La tua fama di “ragazza facile”
che m’intrigava e respingeva
a un tempo; ed il tuo nome,
misterioso ed ammaliante
nel suo esotico richiamo.
Mi portavi per la mano
lungo i borghi e le campagne,
ed io tremavo nel cuor mio
nel sentirti così viva
così prossima al mio corpo
e quel calor nelle tue dita
fra le mie, colme di attesa.
Quel giorno mi guidasti
in un bel campo di grano
- o fu forse un grande prato –
con il sole che splendeva
di promesse ed orizzonti
ai nostri occhi ancora chiari
ai tuoi capelli già lucenti;
tu ed io da soli,
senz’alcuno intorno a noi,
la tua mano nella mia
e tu che sospirosa mi dicevi:
“Guarda qui che bello è!”.
E come un fremito nella tua voce
io percepivo, inquieto e trepido,
e nell’aria si fermò, sospeso,
e tutt’uno si fece con la luce
con la lieve brezza del meriggio.
Così giovane ero allora,
e così sciocco e timido,
che il coraggio non ebbi di baciarti,
né sussurrarti parole gentili
o stringere più forte le tue dita
fra le mie, adagiate e avvinte.
Avrei voluto replicarti:
“Mai nulla può esser bello quanto te”.
Ma rimasi muto, rapito in quell’incanto,
e una lietezza strana mi pervase
tutta la mia essenza invase, e scolpì
nel mio cuore quel ricordo
come di grazia in un eterno sigillo.
Primizie di vita noi eravamo
e quel sospiro d’anima rimase
incompiuto, incolto al vento
germoglio di sole reso al tramonto.
Ti rividi anni dopo, in un parco:
spingevi una carrozzina, tutta sola.
Ancor di più non trovai l’ardire
di fermarti, di parlarti:
il tempo aveva ormai smorzato
la fulgida luce del tuo volto
e stanca mi paresti, e dissipata.
Ti compresi: anche in me
di già la vita aveva infierito.
Chissà se fosti felice, almeno un giorno;
chissà se ora lo sei, almeno un po’!
Probabilmente mi avresti deluso,
o forse tradito anche tu;
ma quanto vorrei, adesso,
tornare a quel giorno insieme a te,
a quel campo d’erba nuova.
Oggi sì che avrei il coraggio
di baciare le tue labbra,
di premer la mia mano nella tua,
di completar quell’innocente sogno
quel desiderio ardente
d’amore, di vita
e gioventù svanita.
LUCA P.
Roma “Tutta”
Roma?!
Roma è come ‘na mignotta a fianco ar foco
e a vorte pe’ vede’ si quant’è bella, te basta
avicinattece quer poco.
Ma occhio viaggiato’
che er foco scotta.
Roma nun è tutte l’altre.
Roma nu’ li chiede
tre baiocchi pe’ sta’ du’ ore, a Roma a de guardalla,
nun se stancheno mai l’occhi. De Roma te nn’ammori,
perché nessuna come a lei, sa’ fa’ all’amore.
L’esse romani è n’arte.
Roma sverta de lingua e de cortello,
Roma de bighe, cocchi e sampietrini,
Roma ariccontata dalla penna de Trilussa,
Roma svelata amante a Pasolini.
Roma, du’ facce de la stessa moneta coniata,
la Roma de’ chi giranno a li’ palazzi cia’ er mantello
e Roma, de’ chi dignitosamente scarzo
pe’ magna’ accattonanno gira la borgata.
Roma, e Roma tutta forestie’, questo
a da’ capì’ se sverto passi, Roma e li
romani, non poi scinne, si no’
sarebbe a di’ che hai visto al Campidoio
la lupa, si, ma senza i du’ fratelli
che ie succhiaveno le zinne.
MAURIZIO C.
A Settembre
Se fossi prato
saresti il fiore più bello
e profumato.
Se fossi mare
saresti il pesce più colorato.
Se fossi cielo
saresti sole.
Se fossi sera
saresti la stella più luminosa.
Se fossi assetato
saresti acqua di sorgente.
Se fossi affamato
saresti pane caldo.
Se fossi notte
saresti luna piena.
Se dovessi riscegliere
saresti tu.
Se fossi in catene
saresti la mia libertà.
Se fossi già passato
senza accorgermi
che ero vicino al paradiso,
non mi volterei
per non soffrire eternamente.
Se fossi settembre
saresti tu.
MAURIZIO T.
Gli occhi di mia madre
Dicono che ogni uomo abbia scritto la propria vita addosso.
I momenti di gioia e quelli di dolore
gli affetti e le cose che sanno scaldargli il cuore
i nemici e i giorni che vorrebbero cancellare per sempre.
Io la mia vita,
la mia storia l’ho scritta sulla pelle
davvero
e se mi guardo allo specchio
mi basta un attimo
per ricordare tutto il meglio
e il peggio nei primi venti anni di età.
Sguardi freddi di sfida…
Sguardi di odio e disprezzo…
Sguardi strafatti e bisognosi di aiuto…
Mi sembrava di poter dire che nella vita
di occhi ne avevo visti tanti
ma sono riuscito a cancellarli tutti.
No!!!
Tutti no!!!
Quelli di mia madre
la mattina che mi hanno portato via
non li dimenticherò mai
sembravano spezzarti in mezzo
lontani eppure vivi
come appena rotti.
Uno specchio lucido
in cui non volevo riflettermi.
ROBERT R.
*
Non ho paura di morire.
Le persone se ne lamentano sempre
ma non capisco il motivo.
Potrei comprendere la paura di morire
in maniera dolorosa
o potrebbe essere spaventoso
per chi ha paura del buio.
Perché per me questo è la morte.
Un lungo interminabile sonno.
Freddo.
Avvolto nelle tenebre.
Dal quale non c’è ritorno.
Io invece temo il tempo.
Il tempo che tutto cambia.
Il tempo che tutto muta.
Tutto trasforma.
E così magari ritrovarmi un giorno
senza essere riuscito a realizzare
i miei sogni.
Arrivare alla fine dei miei giorni
ed avere solo rimpianti.
Accorgermi che il tempo
così potente ed eterno
ha raggiunto per me la sua fine.
Che è trascorso rapido.
Come un battito di ciglia.
In quel momento,
quando finalmente mi troverò alla fine
dei battiti del mio cuore.
Che io sia o no pronto a quel lungo
Tenebroso
Eterno sonno chiamato morte.
STEFANO B.
Gioia l’amore mi investe
Odire un fruscio,
il vento che spoglia un albero delle sue foglie,
vedere quei rami che racchiudono l’esperienza
di un’estate appena trascorsa.
Il sole a picco crea tutto così chiaro
che è quasi difficile distinguere la fine del cielo,
un cielo terso.
La curiosità,
cosa si cela al di la di ciò che non giunge ancora.
Il tempo corre così in fretta che il tramonto
arriva quasi inaspettato.
Un corso d’acqua lento e furbo ed è la,
dove l’acqua è più docile,
riflessi chiari dai quali si scorge uno sguardo,
un solo limpido ingenuo sguardo di donna,
appagante a tal punto che la sua figura sinuosa
appare quasi in secondo piano.
Ricevere un invito a vedere ed ascoltare
forme e parole non più aride,
emozionante euforia.
Giusto il tempo di racchiuderla nei desideri,
la voglia di conoscerne il nome,
è gioia dissetarsi di quell’amore che si fa strada
con arrogante dolcezza.
E da allora aspettare diventa soltanto
il ricordo di un tempo di cui non si ha più memoria.
TAIB M.
Pazienza!
Ogni giorno che passa …
Soltanto io so come passo …
ho passato.. inferno totale.
Della mia terra, la cosa più preziosa
è la mia famiglia.
Ho perso due fratelli
e quanti familiari … ho perso
in guerra,
quando penso … a loro
immagina come mi sento .. dentro di me.
Ogni giorno e notte sentire … sparare
e bombardare … muoiono …
e feriti … persone … innocenti …
solo noi possiamo capire quello che passiamo …
e Dio sa … come soffriamo …
solo lui può capire e chi crede in lui.
Capire …
nostro cuore e anima
la lontananza
sia noi sia la nostra famiglia.
Quanta pazienza … possiamo avere di poter vivere …
vivere in pace e che esistano persone …
uomini che ti danno speranza di poter vivere!